Se il punk fu prima di tutto una questione di attitudine, non vi è dubbio che pochi nel 1977 fossero punk quanto Declan Patrick McManus, a partire dallo pseudonimo adottato: perché Costello sarà anche stato il cognome della nonna ma suonava provocatoriamente gangsta ed Elvis, be’, Elvis era il Re che proprio quell’anno perdeva vita e trono mentre su un altro, poco regale trono era assiso. Ma tornando al nostro di Elvis, con il resto dei ragazzotti della Londra che bruciava musicalmente divideva poco. E non c’entrava granché nemmeno Buddy Holly, cui tanti lo accostarono ingannati da occhiali, giacchetta, postura. “I used to be disgusted/but now I try to be amused”, recitavano i primi versi di (The Angels Wanna Wear My) Red Shoes, e ciò di cui all’epoca nessuno si accorse con il tempo risulterà evidente: era Randy Newman il modello. Il più punk di tutti. L’ha mai scritta Johnny Rotten una canzone più politicamente scorretta di Short People? E sarà lo stesso McManus ad ammettere l’influenza nelle note di copertina di una delle innumerevoli riedizioni in digitale del suo primo album. Chi volesse mettersene in casa una analogica finalmente ben suonante (pur con gli ineludibili limiti di partenza di una produzione un po’ piatta) da un anno a questa parte può farlo, grazie a Mobile Fidelity. Rapportato ai capolavori che gli andranno dietro “My Aim Is True” un minimo va ridimensionato. Qualche brano sa di tappabuchi, non c’erano ancora gli Attractions e il Nostro in quanto a voce era un rospo lungi dal trasformarsi in principe. Ma spigliati rock’n’roll come Welcome To The Working Week o No Dancing, quello splendido rhythm’n’blues che è Blame It On Cain, quella ballata meravigliosa che è Alison restano invincibili.
A proposito di capolavori autentici… Il primo a mio giudizio della discretamente lunga lista costelliana era nel marzo ’78 (quindi ad appena otto mesi dal debutto) “This Year’s Model”, la cui ristampa in vinile da parte del medesimo prestigioso e scrupoloso marchio americano (la scaletta è di conseguenza quella USA, con Radio Radio aggiunta ma senza I Don’t Want To Go To Chelsea e Night Rally) è faccenda più recente, dello scorso giugno. Quasi un secondo esordio se si considera che sanciva l’ingresso in scena di quegli Attractions – Steve Nieve a piano e organo, Bruce e Pete Thomas rispettivamente a basso e batteria – che saranno per il nostro eroe il corrispettivo degli Heartbreakers per Tom Petty. Suono insieme più robusto e scorticato rispetto al predecessore, il disco regala classici grandiosi come una martellante Pump It Up e una dolcissima Little Triggers, una Hand In Hand dal sentimentale al petulante e una Living In Paradise vagamente reggata, e a questo giro non toglieresti nulla. E poi, in questa edizione almeno, c’è Radio Radio: immediatamente indimenticabile, sin dal fraseggio di tastiere che fa da incipit.
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